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martedì 15 febbraio 2011

Le ribellioni nel Maghreb: dalla Tunisia all'Egitto ....




                                               Che cosa sta succedendo?


20 commenti:

  1. Ribellioni nel Maghreb: il sangue della protesta
    Algeria,Tunia,Egitto:da settimane proseguono gli scontri tra manifestanti e polizia, in seguito alle manifestazioni di piazza per chiedere LAVORO e DIRITTI.
    Proprio come nel dodicesimo capitolo dei Promessi Sposi, l’intero popolo del nord Africa e dei paesi arabi si sono finalmente svegliati. Non si placano le numerosi rivolte stimolate dalle manifestazioni di piazza che hanno portato alla fine dl regime Ben Alì e Hosni Mubarak. Dal Marocco fino alle Yemen la tensione sale e i governi sono costretti ad accettare la sfida delle piazze; in Iran i movimenti di opposizione al governo avrebbero indetto nuove proteste di piazza per chiedere più diritti e ricordare i due morti durante lo scontro della settimana. Oggi in Algeria un nuovo corteo ha sfilato per le strade della città per protestare contro il governo autoritario del paese. La manifestazione, cui hanno partecipato diverse migliaia di persone, è stata però ostacolata dalle forze dell’ordine. Continua allo stesso modo in Egitto dove ieri i manifestanti sono scesi in piazza per festeggiare la caduta del regime di Mubarak avvenuta il venerdì precedente. La manifestazione è stata festosa, ma si sono anche ricordate le centinaia di persone morte durante gli scontri con le forze dell’ordine e con i sostenitori dell’ex presidente. In Libia, le autorità sarebbero responsabili della morte di almeno 84 manifestanti. Nel dettaglio, il regime del colonnello Gheddafi Muammar avrebbe ucciso almeno 70 manifestanti a Bengasi, seconda città della Libia. Sarebbero almeno 70 cadaveri e le forze dell’ordine avrebbero impedito alle ambulanze di raggiungere i luoghi di protesta. Nella rivolta contro Gheddafi sarebbe direttamente coinvolta la sua famiglia. Venerdì sera è stato assediato dai manifestanti l’albergo “Uzu” nella città di Bengasi e secondo quanto riporta il sito Libya al-Youm, all’interno della struttura c’era Saad, uno dei figli del leader libico e tra i fedelissimi del regime. Saad e i suoi uomini sarebbero riusciti a fuggire dall’hotel, ma pare siano ancora bloccati in città, dove si sarebbe scatenata una vera e propria caccia all’uomo. Sulla Tunisia, teatro delle prime proteste che poi si sono estese a macchia d’olio in tutto il Maghreb e fino al Medio Oriente, è arrivata voce che l’ex presidente, Zine ab-Abidine Alì, sarebbe morto in un ospedale di Gedda, in Arabia Saudita. La voce è stata riferita da molteplici fonti, non ancora verificate, ch circolano sul web. Ben-Alì, da due giorni in coma era fuggito all’estero lo scorso 14 gennaio dopo che la rivolta popolare aveva messo fine ai suoi 23 anni di potere nel Paese nordafricano. Ma chi ci dice che sia vero? Chi ci dice che non sia soltanto una messa in scena per evitare in questo modo la caccia all’uomo? Nonostante ciò, ancora oggi le rivolte continuano e i manifestanti continueranno finché non otterranno ciò che vogliono, ovvero, DIRITTI e LAVORO. Otterranno ciò che vogliono? Ci sarà ancora un governo autoritario? Se non ci sarà, come sarà il nuovo governo?

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  2. In questi giorni la cronaca mette in primo piano le ribellioni sul Maghreb, specialmente in Tunisia e in Egitto. Le popolazioni di tali Stati, a causa della carestia, si sono ribellate dal regime che vive nel loro paese. Ciò ha rovesciato il regime dei dittatori Ben Ali e Mubarak, i quali sono stati costretti ad abdicare. A mio parere se fossero stati a guardare ancora per tanto la situazione sarebbe peggiorata con il passare del tempo. Queste rivolte sono l’esempio di come la popolazione può cambiare il destino del proprio paese. Inoltre da un forte messaggio a tutto il mondo, quando si crede veramente in qualcosa, si vince. Hanno spazzato via trent'anni di dittatura in pochi giorni. Però vi è da dire che queste popolazioni non sono organizzate politicamente, non hanno una piattaforma politica precisa, non si propongono come una nuova classe dirigente, non si rendono conto che la lotta politica richiede organizzazione. A tal punto, non sanno come prendere la situazioni in mano. Inoltre vi è da aggiungere, che purtroppo, queste rivolte hanno spinto molti giovani a suicidarsi. Si può anche manifestare pacificamente e non come hanno fatto gli Egiziani e i Tunisini, i quali hanno distrutto impianti urbanistici e devastato parte dei loro beni culturali dal valore e significato storico inestimabile. Tali assedi sono stati molti violenti, causando molti scontri con le forze dell’ ordine e spingendo questi ultimi a sparare. Ma vivere in povertà, con la preoccupazione di non riuscire a sfamare la propria famiglia, è una continua lotta che prima o poi porta a far perdere il lume della ragione.

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  3. I RAIS DEL MAGHREB TREMANO: INIZIANO LE RIBELLIONI GIOVANILI.
    Un nuovo scontro sociale nel secondo decennio del nuovo secolo: nuove lotte tra i popoli dell'Egitto, della Tunisia, dello Yemen e dell’Algeria.

    "Le rivolte giovanili sono potenti detonatori che possono imporre svolte politiche" scrive Bernardo Valli.
    Una vicenda drammatica ha luogo a Tunisi, dopo che il prezzo del pane è aumentato del 30%: a Dicembre la polizia sequestra la bancarella di frutta a Mohammed Bouaziz, un giovane ragazzo laureato universitario che già vede come un'ingiustizia il fatto di dover fare l'ambulante. Essendo questa, la sua unica risorsa di sopravvivenza, il ragazzo disperato, davanti al municipio di Sidi Bouzid, la cittadina nel centro del Paese dove abita, si cosparge di benzina e si da fuoco. Viene subito trasportato all'ospedale in condizioni critiche, ustioni di terzo grado in tutto il corpo, ma riesce a sopravvivere. La notizia scatena però la rabbia del popolo. Così la lotta contro la disoccupazione, il rincaro dei prezzi, la mancanza di una politica di sviluppo e di una totale assenza di democrazia da oggi luogo a numerose rivolte. Per una settimana centinaia di giovani scendono nelle strade, proteste e slogan contro il regime. Il giovane Mohammed diventa il simbolo della frustrazione di un'intera generazione in un paese dove la disoccupazione giovanile tocca il 30%. La situazione, sempre più critica, porta alla caduta del regime di Ben Ali iniziato nel 1987. Definito come una "dittatura morbida", il suo governo sembrava avere un apparente democrazia. Ma alla fine il popolo non gli lascia scampo. Ben Ali decide così di darsi alla fuga e dopo varie ricerche viene trovato a Gedda, in Arabia Saudita.
    Ma dalla Tunisia la rivolta, che interessa per lo più i giovani, si è oggi estesa ad altri paesi del Maghreb, la zona occidentale del Nordafrica.
    In Egitto la povertà è passata dal 20% al 40%. Qui, dopo 18 giorni di protesta si annuncia che il presidente Hosni Mubarak, al potere da 30 anni, si dimette: il suo orgoglio militare gli impedisce di fuggire come il tunisino Ben Ali, ma è costretto a dare le sue dimissioni. Poche le parole del vice presidente Suleiman: "Cittadini, in nome di Dio misericordioso, nella difficile situazione che l'Egitto sta attraversando, il presidente Hosni Mubarak ha deciso di dimettersi dal suo mandato e ha incaricato le forze armate di gestire gli affari del Paese. Che Dio ci aiuti". Fino alle prossime elezioni l'Egitto è in mano alle forze armate. L'esercito ora ha come compito principale di isolare e sfibrare la protesta. Senza fare vittime. Senza violenza.
    Le rivolte oggi fanno tremare tutti i vecchi leader del Nordafrica fino alla Penisola arabica, dall'Algeria alla Libia, all'Iran, Al Bahrein, allo Yemen, dove si contano sempre più vittime.
    Questi sono esempi di ribellioni dei giovani d'oggi che manifestano sempre più segni di disagio. Così proteste si alternano a violenza urbana, sia in Europa che oltre. Le cause sono diverse, ma il malcontento è comune.

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  4. << Adesso é rivolta >>
    Per decenni il regime di Mubarak ha soffocato le libertà politiche, ma adesso il popolo egiziano dice basta.

    Hosni Mubarak è stato a capo dell'Egitto per circa trent'anni, ma quella che doveva essere una democrazia è diventata una vera e propria dittatura. Le dittature portano repressione,cancellano la società civile e negano lo sviluppo economico. Forse sono state queste le ragioni per cui gli Egiziani hanno voluto porre fine a tutto ciò e sono scesi in piazza a manifestare i loro diritti;chiedono riforme politche e sociali quindi, una vera e propria deomocrazia come in Occidente.Le rivolte hanno coinvolto soprattutto i tre paesi Nord-Africani(Tunisia,Algeria,Egitto).
    Quello che sta succedendo nel Cairo è stato definito come " Regalo di compleanno che il popolo egiziano ha riservato al suo rais ultraottantenne". Il suo regime è andato avanti per troppo tempo e il popolo è convinto a non fermarsi finchè Mubarak e la sua dittatura non cesseranno.Eppure l'Egitto non si sarebbe mai aspettato che, un giorno il loro sogno sarebbe divenuto realtà; se vogliamo dirla tutta non c'è da stupirsi di tutto questo,trent'anni di dittatura non sono pochi e prima o poi una cose del genere doveva succedere.
    Ma in tutto questo che fine ha fatto l'ex governatore? Si dice che sia scappato subito dal Cairo e al momento il paese è gestito da generali che cercano di vietare scioperi, cercando di evitate vittime ma anche di proteggere i beni culturali che in questi giorni sono stati sottoposti ad alti rischi. Facendo il quadro della situazione,troviamo chi appoggia il rais e chi invece, sostiene fortemente il popolo dell'Egitto. Israele appoggia Mubarak per un motivo semplice;la paura che possa insorgere un governo di fondamentalisi islamici terrorizza lo stato confinante, poichè sa benissimo che potrebbe scoppiare una guerra tra i due fronti. Gli Stati Uniti sono dei " forti alleati", ritengono che quanto è avvennuto in Egitto è una lezione per il mondo intero e per tutti coloro che credono nella pace del mondo. Il presidente Obama infatti ribadisce che il Cairo con la forza della non violenza, è stato fonte di ispirazione per tutti. Quello che sta succedendo nel Cairo resterà impresso nella storia,che le generazioni future si ritroveranno a studiare, e noi potremmmo solo confermare come sia stato grande l'Egitto.
    Per il Sole 24 Ore.

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  5. Improvvisamente, in un tempo molto breve, il mediterraneo si è "incendiato". Non più tardi di 2 mesi fà un giovane tunisino, per protesta contro l regime del suo paese si è dato fuoco.Questo gesto è stato come un segnale per tutto il popolo tunisino che da quel momento è sceso in piazza contro il regime dittatoriale di Ben Ali. Quel popolo non si è lasciato intimorire dalle reazioni violente del governo, ne dai lacrimogene e neanche dagli arresti. La rivolta è durata per più di 2 settimane, molte persone sono state uccise dal governo e dalla polizia ma alla fine il dittatore che governava da circa 30 anni è stato costretto a fuggire e ad abbandonare il potere insieme a tutta la sua famiglia e a tutti i suoi seguaci. La Tunisia non era l'unico paese del nord-Africa ad essere governata da un vecchio dittatore. Regimi politici dello stesso tipo e di così lunga durata hanno caratterizzato la politica di paesi come la Libia, l'Algeria, l'Arabia Saudita. Nei giorni successivi della rivolta Tunisina anche i popoli di questi paesi hanno cominciato a protestare. In Egitto, per 18 giorni gli egiziani hanno invaso le piazze del Cairo e di altri importanti città. Anche li ci sono stati morti, arresti, violenze di ogni tipo da parte di chi appoggiava lo stato, ma anche li il popolo è riuscito a liberarsi dal vecchio dittatore Mubarak .Ancora oggi è incerta la situazione in Algeria e in Libia dove sono incorso rivolte popolari che non accennano a finire. Perchè tutto questo? E cosa accadrà dopo? I paesi del nord-Africa sono di religione Islamica e c'è il rischio che cacciati i vecchi regimi possano insediarsi i fondamentalisti con gravi conseguenze per i paesi occidentali.D'altra parte bisogna dire che i questi popoli per decenni hanno dovuto sopportare miseria, fame, mancanza di libertà e quindi era prevedibile che prima o poi si sarebbero ribellati ai loro dittatori.Cosa sta facendo o cosa dovrebbe fare la comunità internazionale per questi popoli? Io penso che la comunità internazionale debba fare sentire a questi popoli la propria solidarietà prima di tutto perchè chi lotta per essere libero merita rispetto.Inolte è necessario secondo me che organismi come L'ONU aiutino questi popoli ad organizzarsi per arrivare attraverso libere elezioni a darsi un governo e una struttura democratica.Se invece i paesi ricchi continuano a restare indifferenti, presto ci saranno milioni di disperati in viaggio attraverso il mediterraneo in cerca di una vita migliore.

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  6. RIVOLTA IN TUNISIA-In questi giorni si sta sviluppando nel nord Africa, in particolare in Tunisia, un importante rivolta di massa, giovanile e popolare, contro regimi reazionari e corrotti, complici oltretutto dello sfruttamento imperialistico dei propri paesi da parte di decine di grandi aziende europee, innanzitutto italiane e francesi. La rivolta tunisina- certo la più consistente e radicale- vede l'importante partecipazione attiva di organizzazioni sindacali, che hanno promosso per il 15 gennaio una manifestazione nazionale a Tunisi attorno alla parola d'ordine della cacciata del regime. Contro questa rivolta, si sta scatenando una sanguinosa repressione poliziesca che ha lasciato già sul terreno oltre 50 vittime tra i manifestanti. Una repressione sanguinosa che è giunta a sparare sulla folla nel corso di pubblici funerali.
    La rivoluzione tunisina ha scatenato proteste sociali anche in Algeria. Bouazizi, lo studente laureato che il 17 dicembre si è dato fuoco per protesta contro il dispotismo delle autorità vigenti, è diventato anche lì un martire popolare. Ben Alì è morto. Fonti francesi, ma anche arabe, hanno annunciato che l'ex presidente della Tunisia Zin al-Abidine Ben Ali deposto dopo 23 anni al potere lo scorso 14 gennaio dopo una sommossa popolare, sarebbe morto dopo due giorni di coma. Le fonti di Tunisi non confermano nè smentiscono la notizia, ma tutti i più importanti giornali e tv arabi danno per certa la notizia. Da qualche giorno circolavano notizia su un ictus che avrebbe colpito Ben Ali, riparato in Arabia Saudita.
    (Un ictus, già, come quello che si dice abbia colpito anche Mubarak nella sua villa a Sharm el Sheik.)
    RIVOLTA IN EGITTO-IL CAIRO - In circa 25mila sono scesi in piazza al Cairo per chiedere riforme politiche e sociali, sul modello della rivoluzione in Tunisia. Una mobilitazione che si è trasformata in scontro aperto con le forze dell'ordine e che ha lasciato sul terreno quattro vittime. Un poliziotto è morto dopo essere stato travolto dalla folla negli scontri a piazza Taharir, altre tre persone sono morte a Suez. I manifestanti hanno attaccato la polizia con un fitto lancio di sassi, le forze di sicurezza sono state costrette a ritirarsi dalla piazza malgrado il fitto lancio di lacrimogeni e l'impiego di blindati e idranti. Molti manifestanti sono rimasti feriti, oltre una decina gravemente. Il motivo di questa sommossa è stato il Presidente egiziano Mubarak. Il popolo stanco del suo governo, poiché salito al potere circa 30 anni fa, manifesta per la sua dimissione. "Fuori" e "Vattene" gli slogan all'indirizzo del presidente.

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  7. La grave crisi sociale e politica dei Paesi del Maghreb crea il rischio di una vera emergenza umanitaria, le probabilità di immigrazioine dei clandestini in Italia è altissima. In questi giorni Lampedusa ha assistito allìarrivo di fortuna di circa mille immigrati clandestini, quasi tutti provenienti della Tunisia. Si crede che tutto questo stia accadendo perchè dopo la caduta del presidente Ben Ali, si è creata una incapacità di fornteggiare la situazione da parte delle autorità tunisine.
    Un altro barcone con a bordo 181 immigrati, tra cui alcuni minorenn, è sbarcato venerdì 11 Febbraio sulle coste Siciliane. L'imbarcazione è stata soccorsa all'alba dalla Guardia costiera a circa 6 miglia al largo di Lampedusa; hanno tutti dichiarato di provenire dalla Tunisia. Ed un altro barcone con una settantina di extracomunitare è stato intercettato a poche miglia dalla costa.
    Il resto della popolazione di questi paesi (Maghreb, Tunisia ed Egitto) è scesa in piazza a manifestare creando molte rivolte fermate brutalmente dalle forze dell' Ordine.
    Riguardo ai flussi emigratori è quasi impossibile fermarli, poichè ci sono sempre stati. Tutti noi sappiamo che le forti crisi hanno portato sempre a questo e che continueranno a portare ciò. L'unico modo per abbassare di molto questo flusso emigratore è di dare un freno alla crisi, ma è molto difficile che avvenga. Anche se è poco, l'unica cosa da fare adesso è di aiutare tutti questi emigrati, ma non devono essere solo l'Italia e la Lampedusa ad ospitarli ma anche tutto il resto del mondo. Invece le manifestazioni continueranno finché le popolazioni di questi Paesi non otterranno ciò che vogliono, ovvero il lavoro e i diritti.

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  8. La violenza che in queste settimane è esplosa nel vicino Maghreb è la tragica fatale conseguenza del degenerare di una situazione politico-sociale che procede inesorabile da lunghi anni e che, con il tempo, si confronta con una popolazione sempre più matura e consapevole dei propri diritti e pertanto sempre meno disposta a tollerare certe forme di squilibrio della società.
    Innanzitutto l’Egitto, un paese governato fin dal 1981 da Hosny Mubarak, presidente soprannominato “Faraone” dalla stampa internazionale, appellativo che se da un lato può sembrare un omaggio al glorioso passato del paese, dall’altro sottolinea l’assolutezza del longevo Governo egiziano. Le restrizioni costituzionali adottate dal suo governo hanno fatto in modo che Mubarak fosse rieletto in ben quattro referendum elettorali, con percentuali di preferenza elevatissime e hanno altresì causato la dissoluzione o la frammentazione di qualsiasi partito di opposizione in grado di catalizzare le preferenze elettorali. Tuttavia, Mubarak si è dovuto confrontare con un’opposizione interna tenace: dal giorno del suo insediamento, il Raìs è sfuggito a ben sei tentativi di omicidio. In Tunisia, il Presidente Zine El-Abidine Ben Ali era al potere dal 1987, quando, allora Primo Ministro, fece deporre il suo predecessore Habib Bourguiba facendolo giudicare dai medici inidoneo per senilità. Da allora, Ben Ali si è prodigato nel tentativo di soffocare ogni opposizione al suo regime, di aumentare il controllo sui media e sui partiti di opposizione. Diverse organizzazioni per i diritti umani denunciano casi di sparizioni, omicidi e tortura ai danni di dissidenti e avversari. Ben Ali ha sostenuto negli anni del suo governo un’incessante lotta contro l’integralismo di matrice islamica nel suo paese, scagliandosi soprattutto contro il partito islamista Ennahda, i cui militanti sono stati imprigionati e torturati nelle carceri del regime. Infine l’Algeria, governata da Abdelaziz Bouteflika dal 1999, quando durante le elezioni gli altri candidati si ritirarono dal confronto denunciando brogli elettorali. Nel 2009, Bouteflika ha vinto le elezioni con il 90% delle preferenze, assicurandosi così il terzo mandato consecutivo, dopo che, precedentemente, aveva introdotto riforme costituzionali che eliminavano il divieto, per lo stesso presidente, di superare i due mandati. Anche il Governo di Bouteflika si è dovuto confrontare con partiti e formazioni di matrice islamista presenti nel paese. D’altra parte, nel caso dell’Algeria pesano, e ancor più pesavano al momento dell’elezione di Bouteflika, i fatti della guerra civile degli anni ’90, che hanno vincolato il nuovo governo, fin dal suo esordio, a ricostruire una riconciliazione nazionale.

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  9. ribellioni e vittorie: la forza di un popolo unito!
    l'Egitto che per tanto è stato il vinto ora diventa il vincitore.

    Oppresso,vincolato,schiavizzato,stanco,arrabbiato,furibondo,inarrestabile,vincitore,felice e libero!
    Questa le condizioni di un popolo che per troppi anni ha subito le manie e le follie di un ignobile dittatore.
    Hosni Mubarak ha regnato sull'Egitto per circa 30 anni!
    E' noto per aver oppresso il pensiero del suo popolo rendendolo schiavo del silenzio!
    Queste caratteristiche non vi riportano in mente un presidente che tratta i suoi sudditi come oggetti da abbindolare.
    E noi come ingenui ci caschiamo sempre da stupidi fessi quali siamo.
    Siamo proprio noi che preferiamo tacere e subire aspettando che un qualche pazzo e strano uomo ci venga a salvare.
    Noi simbolo di disorganizzazione, di sottomissione, di menefreghismo e rassegnazione.
    gli Egiziani si sono mossi insieme cattivi come un leone in cattività letali e compatti come una tempesta di sabbia.
    Noi divisi in fazioni che possono solo rafforzare i nostri padroni, sempre impassibili,insicuri e terrificanti come un breve e tenue sussulto.
    Allora è evidente che vorremo vivere sempre così a testa bassa e con la coda in mezzo alle gambe e saremo per questo sempre lo zimbello del mondo!
    Gli egiziani determinati,instancabili devono essere paradigma di popolo,quello che combatte strenuamente per la libertà.
    Evasi da una prigione, liberati da se stessi.
    Per chi vuol essere libero di essere!
    (il fatto quotidiano)

    Prof qualora volesse fatto un commento su quello che è successo in questi giorni lo faccio però a me piaceva di più scrivere di questo eternamente impassibile popolo italiano ! mi faccia sapere !

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  10. LE RIVOLTE DEL MAGREB
    Episodi di violenza popolare scoonvolgono le regioni del Maghreb
    di Andrea Ceraulo. Nelle ultime settimane le zone dell'Africa settentronale sono state protagoniste di parecchi episodi di violenza popolare, causati da un clima di istabilità politica e sociale dovuta soprattuto da mancanza di lavoro e alimenti necessari al sostentamento della nazione. In Egitto queste rivolte hanno portato il presidente Mubarak a dimettersi lasciando il potere amministrativo in mano all'esercito. Anche negli altri paesi coinvolti quali Tunisia e Algeria possiamo riscontrare cause di malcontenti comuni, prima fra tutti la sete di "progresso", soffocata e repressa negli ultimi anni a causa di un governo troppo totalitario. Basti pensare al presidente Mubarak soprannominato " faraone", non a titolo elogiativo ma per sottolineare la sua polica troppo centrata, appunto come quella di un faraone, o al presidente tunisino Zine El-Abidine Ben Ali che per eliminare la propria concorrenza si impegnò utilizzando la sua posizione a prendere possesso dei media e dei partiti di opposizione, o ancora al presidente Algerino Abdelaziz Bouteflika ,che dopo aver eliminato il decreto che sanciva l'impossibilità per lo stesso presidente di essere eletto per più di due mandati, fù eletto per la terza volta grazie a dei presunti "brogli elettorali". Inoltre, la mancanza di posti di lavoro e la povertà che il popolo è costretto a vivere ogni giorno hanno contribuito ad aggravare le cose.Ed è proprio l'unione di tutti questi fattori che hanno portato inesorabilmente alla rivolta, ma , è forse accettabile ciò che questi popoli stanno facendo? La risposta è senza dubbio negativa , ma c'è anche da comprendere che questi popoli da sempre hanno visto l'occidente come una terra promessa, dove c'è progresso , occupazione, e dove i governi sono vere democrazie e non solo dittature mascherate, ed è da capire se con il tempo questi popoli si siano resi conto dei propri diritti e che adesso li reclamino a gran voce, anche se il metodo di protesta utilizzato è poco produttivo ,anzi, controproducente poichè non è bloccando un intera nazione che si ottengono i risultati ma è con ordine, disciplina e dialogo che si arriva ad essi, in questo modo ,invece, si richiama l'intervento delle forze dell'ordine addette a sedare le rivolte, e nei più sfortunati casi si ci ritrova a dover piangere la morte di un amico , un marito, un familiare o persino un figlio. Infine,questi popoli meritano di essere ascoltati e meritano un governo che veramente dia loro impieghi , progresso tecnologico e culturale, perchè i popoli di queste nazioni hanno tante potenzialità di sviluppo e tanto ancora possono dare a loro stessi e al mondo intero.

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  11. Maghreb:la protesta nel sangue.
    Tutto ha inizio in Tunisia il 17 Dicembre.
    Due giovani laureati-disoccupati si suicidano per protesta contro il governo.
    Le manifestazioni vengono organizzate sopratutto dai giovani,che chiedono pane,lavoro e delle prospettive anche minime per il futuro. La protesta è anche definita una vera e propria "rivolta del pane" perchè i paesi più disagiati hanno sentito più fortemente la crisi economica,che ormai si è allargata come una macchia d'olio in tutto il mondo.
    In Maghreb ci sono state due settimane di proteste e di scontri,manifestazioni in piazze e ribellioni,per una crisi che per molti significa fame.
    -Inutile protestare-diceva Mohamed-in Tunisia i diritti umani sono spesso un optional-.
    Mohamed è uno dei ragazzi laureati che ha dato inizio alla rivolta,suicidandosi , perché non trovava lavoro.
    Per Ben Ali,ex presidente dittatore della Tunisia,si tratta della crisi più grave da quando è salito al potere. Da decenni il regime incoraggia l'emigrazione,allevia la disoccupazione che supera il 30%,ma l'occidente ha frenato drasticamente questi flussi migratori. Le rivolte vanno dilagando da paese in paese.
    Dopo la piccola Tunisia,il grande Egitto è un esempio per tutto il mondo arabo,dove si è aperto un grande varco per la democrazia.
    In Egitto è stato pilotato un colpo di stato che è iniziato il 25 Gennaio con piccoli scontri ed è finito l'11 Febbraio con le dimissioni di Mubarak e con la folla in festa.
    La Tunisia a ovest e l'Egitto ad est circondano la Libia che al suo interno sta subendo la pressione della rivolta che comincia a farsi sentire.
    Il dittatore libico Gheddafi,ha risposto usando il pugno di ferro,inviando a Bengasi,città fuori controllo da parte governativa,tre aerei carichi di mercenari africani,che atterriscono sparando alla folla che manifesta. Il leader libico è disposto a tutto per non seguire la sorte di Ben Ali e Mubarak. Focolai di rivolta e manifestazioni popolari si ripercuotono anche in altri paesi maghrebini come l'Algeria e il Marocco.
    Gli avvenimenti di Tunisia ed Egitto dimostrano che la strada verso la libertà e la democrazia è aperta dappertutto sebbene con tempi e modi diversi.

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  12. Ribellioni nell’Africa settentrionale

    Il nord Africa si ribella

    L’area del Maghreb in agitazione, in atto rivolte contro i regimi politici

    Caos generale. Questo prevale in Egitto e in tutta l’area nordica dell’Africa denominata Maghreb.
    Il popolo egiziano ha messo in atto una ribellione contro il proprio regime politico, sostenuto da Hosni Mubarak, in carica dal 1981.
    Il motivo della rivolta è stato l’aumento del prezzo dei generi alimentari, da cui si è scaturita una grave crisi economica, oltre che dal voler rinnovare un governo politico che dura da trent’anni.
    La prima manifestazione si è svolta il 25 gennaio al Cairo, la stessa è degenerata in uno scontro con le forze armate; il bilancio del giorno è stato di quattro morti.
    Sebbene il governo avesse vietato gli affollamenti in piazza, il 26 gennaio il popolo scende nuovamente in piazza, creando confusione e scompiglio al Cairo e nelle località del Nilo. Vengono arrestate 500 persone e decine sono i feriti. Di fronte a queste rivolte, il presidente egiziano Mubarak non si lascia intimidire e annuncia che non lascerà il suo incarico, ma questa dichiarazione, scaturirà altre rivolte che porteranno il premier egiziano a dimettersi pochi giorni dopo. Il ministro della sanità egiziano afferma che, durante le rivolte, i morti sono stati 365, un numero abbastanza elevato che si sarebbe potuto evitare se il governo avesse ascoltato il suo popolo.
    Casi analoghi sono le rivolte scoppiate in Tunisia e in Libia, dove il presidente tunisino Ben Ali è stato accusato di dittatura in base a varie azioni che egli ha compiuto; l’alzare dei prezzi alle stelle o il censurare programmi televisivi che andassero contro lui e la sua famiglia. Le varie rivolte hanno permesso al presidente tunisino di abbandonare il paese e di rifugiarsi in Arabia Saudita.
    In Libia è in atto una protesta contro il regime politico del presidente Muammar Gheddafi; il popolo vorrebbe rinnovare il governo politico nel proprio paese.
    Diversi stati africani in fermento per fermare i propri regimi politici. Dopo l’Egitto e la Tunisia, riuscirà la Libia nel suo intento?

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  13. Rivolte popolari in Maghreb

    Governi che cadono, popoli che si sollevano
    La rivolta tunisina spinge quella egiziana

    Il vento della rivolta imperversa tra i paesi dell'Africa del Nord, spazzando via tutto ciò che incontra, comprese vite umane. Il sollevamento del popolo tunisino, dovuto ai prezzi inaccessibili dei beni alimentari,al carovita e alla crisi economica che affligge il paese da decenni, ha costretto il presidente Ben Ali alle dimissioni, dopo quasi 30 anni di governo. Una situazione analoga si è verificata in Egitto, dove la rivolta, innescata dalla ribellione tunisina sopra citata come una tessera del domino, ha fatto cadere il governo di Hosni Mubarak, che ha iniziato a ricoprire l'incarico di presidente nel 1981 alla fine di una lunga carriera militare, dopo 17 giorni di aspra protesta. Questi eventi, che ricordano, per quanto riguarda le cause, la celebre rivolta del pane descritta nel romanzo manzoniano, hanno portato aria di nuovo nel panorama politico nordafricano e hanno spezzato la monotonia causata dai regimi presenti ormai da troppo tempo, che hanno logorato l'economia dei rispettivi stati. Il prezzo della rivolta è però caro, e si misura in vite umane: si contano un centinaio di morti in Tunisia, più di 300 in Egitto. Aspettiamo di vedere come si evolve la situazione, sperando che il vento della rivoluzione, che sta prendendo le sembianze di un vero e proprio tornado, non porti via troppe vite.
    Corriere della Sera

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  14. Provvi, molto bene il taglio giornalistico ma manca di commento personale sugli eventi.

    Meglio Giuseppe S. che affronta con motivazione critica la traccia. Manca però titolo, occhiello...

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  15. Molto bene, Giulia R e F.
    Cristian, cerca di dare un taglio più argomentativo senza necessariamente parlare in prima persona.

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  16. Miriana, manca titolo e occhiello..Inoltre sembra più un articolo di cronaca che di commento.

    Massimiliano, era meglio se facevi un articolo sul popolo italiano e uno su quello maghrebino...così lo stile è ad effetto ma si rischia una grande confusione!! Impara ad utilizzare meglio la punteggiatura...

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  17. Molto bene Andrea C. ma occhio agli errori di battitura...

    Alice, sembra più un articolo di cronaca che di commento.

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  18. Per Alessandro, bene l'impostazione ma manca di critica personale...

    Per Antonio, molto bene lo stile e il contenuto.

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  19. CONTINUA LA LOTTA PER LA LIBERTA'.

    Milioni di persone sconvolte per le manifestazioni che sono destinate a durare per il cambio di regime in nord Africa e in parte del medio Oriente.

    Sembra quasi un ripetersi della storia: il popolo che lotta per la libertà del proprio paese.
    In Libia, per via di queste manifestazioni, è stato versato del sangue: oltre 84 manifestanti uccisi nella prima giornata di rivolta contro il regime del colonnello Muammar Gheddafi. Un dottore locale, Wuwufaq al-Zuwail, dichiara: <>. Ha aggiunto inoltre che sono stati ostacolati i soccorsi per i manifestanti.
    La rivolta contro il regime avrebbe anche coinvolto direttamente il figlio di Gheddafi. Secondo il sito locale libico "Libya al-Youm" il ragazzo sarebbe riuscito a fuggire, anche se si troverebbe ancora in città.
    La Libia è solo uno dei paesi coinvolti in queste rivolte.
    In Bahrein Mohammed Bouazizi si è dato fuoco. Quello del tunisino è stato un gesto estremo e disperato dinanzi alla ingiustizie sociali del paese.
    E' iniziata così una rivolta che in meno di un mese è riuscita a mettere in ginocchio un reggime in carica da 23 anni.
    Anche l'Egitto di è fatto sentire.
    Lo hanno fatto pacificamente per contrastare il monopolio del potere di Mubarak, che ormai da oltre 30 anni accumula ricchezze, calpestando i diritti e le libertà dei cittadini.
    "I moti della rivolta - afferma Farida Nqqash, membro del partito di sinistra "Raggruppamento" - vanno ricercati nella povertà poichè lo stato ha chiuso per 30 anni le porte della libertà".
    Di certo, però, le rivolte Egiziane sono diverse da quelle tunisine: vi è meno violenza.
    Intanto tutta questa confusione ha sconvolto anche la Casa Bianca. Il presidente statunitense Obama dichiara di essere vicino agl'iraniani, poichè riescano ad essere liberi di esprimersi.

    Certamente la sfera politica del mondo sta cambiando e non sappiamo cos'altro ci aspetterà.
    Intanto possiamo solo essere solidali con queste popolazioni, e imparare da loro che la libertà è una cosa grande.
    Poichè la gente muore per conquistarla.

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  20. Bene Serena e anche Samuele, anche se avete scritto un articolo più di cronaca che di commento.

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